Il fascismo fu razzista per vocazione o per convenienza? Le leggi razziali del 1938 furono l’esito di un’ideologia autoritaria spinta al suo estremo dalla disumanizzazione della «guerra civile europea» o l’approdo inesorabile di un movimento impegnato nella realizzazione di un progetto totalitario di conquista della società e di eliminazione genocidiaria dei nemici?Dopo un lungo silenzio – quasi una rimozione – la cultura italiana si sta da qualche tempo applicando per trovare risposta a questi interrogativi, cercando in particolare di chiarire le responsabilità che un intero paese ebbe, a diverso titolo, nella promozione e nel sostegno di una cultura antisemita. In questa prospettiva, cruciale fu il ruolo svolto dagli intellettuali: un ceto sempre strategico nella formazione dell’opinione pubblica, ma decisivo in un regime autoritario. In questo libro autorevoli studiosi dell'antisemitismo e della cultura italiana nel Ventennio quali Cristina Baldassini, Giovanni Belardelli, Roberta Cairoli, Annalisa Capristo, Alberto Cavaglion, Emanuela Costantini, Francesco Germinario, Claudia Mantovani, Renato Moro, Gianni Scipione Rossi, Maurizio Serra confrontano i loro diversi orientamenti.
Roberto Chiarini, presidente del Centro studi e documentazione sul periodo storico della Repubblica sociale italiana, insegna storia contemporanea all'Università Statale di Milano. Per Marsilio ha pubblicato, tra l'altro, Destra italiana. Dall'Unità d'Italia a Alleanza Nazionale (1995) e 25 aprile. La competizione politica sulla memoria (2005).