Oggetto di questi studi non sono tanto le Operette morali (cui pure si torna di continuo), bensì ciò che sta a monte: il progetto - maturato da Leopardi dopo l’incontro con Platone e la temporanea rinuncia alla lirica (1823) - di un libro morale in un mondo moderno disincantato e incapace di ascolto. Un progetto inattuale che testimonia e raffigura l’impossibilità di restaurare i tre principali generi morali orali dell’antichità: l’oratoria, il dramma, l’epos, o enciclopedia etica. Nonché, più in generale, l’impossibilità di arrestare il declino antropologico di un uomo che tanto più si corrompe quanto più si alfabetizza. Ecco l’importanza emblematica, al centro delle Operette - sul palinsesto del Fedro platonico - dell’Elogio degli uccelli e del suo silenzioso protagonista-scrittore: un saggio socratico o un oratore ammutolito alla scuola della dialettica, o forse, come Platone, un poeta che ha rinnegato, anche se non del tutto, il canto. Il libro morale moderno, così, non può essere altro che una merce ben confezionata, un effimero instant-book. Ma la grandezza delle Operette morali è nel raffigurare in modo complesso e profondo, al tempo stesso negandola, questa condizione. Il moderno Mefistofele si può forse sconfiggere solo se si accetta la sua sfida.
Franco d’Intino è docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea e Letterature comparate presso la Facoltà di Studi orientali della “Sapienza” di Roma. Ha insegnato a lungo in Olanda e in Gran Bretagna, dove dal 1998 dirige il “Leopardi Centre” (University of Birmingham). Si è occupato prevalentemente di teoria e storia dei generi letterari (in particolare di scritture autobiografiche: L’autobiografia moderna. Storia forme problemi, Bulzoni 19982), e dell’opera di Leopardi, del quale ha curato per la Salerno Editrice l’edizione critica degli Scritti e frammenti autobiografici (1995) e le traduzioni dai Poeti greci e latini (1999). Con Michael Caesar ha curato il volume Leopardi e il libro nell’età romantica (Bulzoni 2000).