Come possiamo riscrivere il presente, mentre guerra, pandemia, violenze di ogni sorta occupano stabilmente il nostro orizzonte e il tempo del lutto coincide con quello della perdita? Forse abbiamo bisogno di un racconto diverso in grado di far fronte anche alla nuova emergenza della catastrofe climatica? Quale mondo creano le forme di protesta che mettono a rischio le opere d’arte con azioni dimostrative e come invece l’arte può aiutare a far nascere nuove modalità di interazione capaci di contrastare le forze distruttive?
Partendo da una disamina dello «stato dell’arte» inteso in un’accezione più ampia – come il rapporto tra arte, istituzioni politiche e mercato – Judith Butler si interroga sui modi in cui cerchiamo di orientarci e dare un senso alla sofferenza e al cambiamento che avvertiamo come inevitabile. Gettando luce su come gli oggetti, gli spazi, gli intervalli di tempo possano contribuire oggi a ricreare il senso di un mondo condiviso, ci invita a considerare il ruolo della creazione artistica nel rendere tollerabile l’intollerabile, pur consapevole che ciò non significhi risolverlo, ma «entrarci in relazione, conviverci, esaminarne i contorni, le consistenze, riflettere sui meccanismi e metodi che gli consentono di perpetuarsi».