15 aprile 2014 - «Quello che mi interessa è che la società civile capisca il problema del connubio tra magistrati e politica. Non c’è nessuna volontà riformista della politica rispetto a quello che rappresenta chiaramente un tumore: le correnti. …Sono decine e decine i casi di nomine scandalose, vergognose, del tutto arbitrarie e di fronte a questa stomachevole realtà ho deciso di restituire dignità al mio lavoro. La carriera non è niente nell’esperienza del giudice, è un momento in cui ti metti a disposizione, è un atto di servizio, un atto d’amore verso la giurisdizione, ma deve essere temporaneo… Il Csm ormai non è affatto un padre amorevole per i magistrati, non è più l’organo di autotutela, non è più garanzia dell’indipendenza, ma è diventato una minaccia, perché non vi siedono soggetti distaccati, ma faziosi che promuovono i sodali e abbattono i nemici, utilizzando metodi mafiosi. È chiaro che è un’espressione di colore… Nella nostra cultura costituzionale il giudice è visto come un soggetto senza timori, indipendente e che non deve nutrire aspettative. Anche quando sei speranzoso, sei asservito culturalmente, sei condizionabile, perché sai che un gesto di un certo tipo ti porta a ruoli direttivi, mentre un altro tipo ti fa restare tutta la vita alla scrivania. Voglio dire che questo modo di selezionare le figure apicali è perfettamente funzionale alla politica, che così, con il ricatto della carriera, riesce a condizionare e asservire il giudice, a renderlo addomesticabile».

 

Sono le parole che Andrea Mirenda - giudice del Tribunale di Sorveglianza di Verona dopo aver rinunciato nel 2017 al ruolo di Presidente della Sezione fallimentare come gesto pubblico di protesta verso un carrierismo sfrenato, arbitrario e lottizzato – ha rilasciato a Riccardo Iacona nel suo libro Palazzo d’ingiustizia. Il caso Robledo e l’indipendenza della magistratura. Viaggio nelle procure italiane (Marsilio). Riportate dal settimanale “Il Venerdì di Repubblica” venerdì 13 aprile, tralasciando, accanto all’inciso “metodo mafioso” la riga successiva, che chiarisce che l’accostamento è “una chiara espressione di colore”, “un’enfasi, destinata solo” -  come è costretto oggi a precisare Mirenda -  “a far capire la drammatica potenza e la pervasività condizionante delle correnti della magistratura”, hanno portato Mirenda ad essere oggetto di una richiesta di sanzione disciplinare al Ministro Orlando da parte dell’ex membro laico del Csm Pierantonio Zanettin, oggi parlamentare di Forza Italia, che lo ha annunciato in un’intervista al quotidiano “Il dubbio”.

 

L’inchiesta di Riccardo Iacona, Palazzo d’ingiustizia, partita dal caso Alfredo Robledo e dagli esposti che l’ex procuratore aggiunto di Milano aveva inoltrato al Csm nel 2014, è nata dall’esigenza di capire cosa sta succedendo nelle aule di giustizia italiane, comprendere dall’interno come funziona la “fabbrica della giustizia”, ripercorrendo la storia giudiziaria italiana dal 1992, da Mani pulite all’inchiesta sui diritti Mediaset, dall’Unicredit di Profumo all’inchiesta sul maxi appalto della Piastra in occasione di Expo. Nel ricostruire i retroscena del lavoro delle procure italiane, il groviglio di lotte fratricide e interessi inconfessabili della Magistratura italiana, Riccardo Iacona ha incontrato numerosi rappresentanti del sistema giustizia italiano, tra i quali, oltre ad Alfredo Robledo e ad Andrea Mirenda, il giudice Massimo Vaccari del Tribunale di Verona, il procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita, il procuratore del Tribunale di Catanzaro Nicola Gratteri e il magistrato Piercamillo Davigo, che pure nel libro criticano duramente il sistema delle correnti, raffigurando un corpo della magistratura intimorito e sottomesso alle gerarchie, facendo emergere un quadro sconsolante, una “sensazione di omertà dentro i ranghi della magistratura”, quella paura di esporsi e di parlare che, affiorata dalle vicende del caso Robledo, trova nell’inchiesta di Iacona una definitiva e articolata conferma.

 

Così commenta Riccardo Iacona la notizia della richiesta di sanzione disciplinare nei confronti di Andrea Mirenda: “Piuttosto che chiedere che il Ministro della giustizia apra un provvedimento disciplinare contro il magistrato Mirenda sarebbe più opportuno che il Csm risponda nel merito delle accuse poste dal magistrato e dagli altri togati che sono intervenuti nel libro, Robledo,  Davigo, Gratteri, Ardita e Vaccari, che in varia maniera hanno criticato il modo in cui viene gestito l’organo che dovrebbe garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura: le correnti degenerate in “postifici” e i capi delle procure scelti con nomine a pacchetto. Questo si che è un argomento che ci interessa da vicino! Essere certi cioè che procuratore della Repubblica diventi veramente il magistrato più competente, che risponda solo alla legge e che non debba ringraziare nessuno per quel posto, meno che mai un accordo di basso profilo tra correnti. Auspico che si colga l’occasione di questo libro perché si apra un dibattito all’interno della magistratura. Sono tanti i magistrati che criticano i criteri di selezione delle figure apicali della giustizia. Escano dal silenzio e battano un colpo!”.

 

SUL LIBRO - Riccardo Iacona, Palazzo d’ingiustizia. Il caso Robledo e l’indipendenza della magistratura. Viaggio nelle procure italianeUn viaggio dietro le quinte della giustizia italiana, tra opacità, correnti politiche, conflitti personali. A partire dallo scontro che ha sconvolto negli ultimi anni il tribunale simbolo della compattezza e indipendenza della magistratura, Riccardo Iacona svela forme di arbitrio e tentativi di limitare l’autonomia dei giudici, dà la parola ai protagonisti, pone domande scomode.

 

«L’autonomia dei pm è di fatto sotto attacco. Da essa dipende il funzionamento della democrazia: se si scardina l’equilibrio tra i poteri e la politica mette le mani sulla giustizia, ogni arbitrio è possibile».

 

L’incontro con l’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, protagonista di eclatanti contrasti che lo hanno indotto a presentare un clamoroso esposto al Consiglio superiore della Magistratura, innesca un’appassionante inchiesta sulla realtà delle aule di giustizia, tra documenti inediti e dichiarazioni esclusive, con il racconto in presa diretta delle vicende giudiziarie che hanno segnato la storia recente del paese, delle interferenze della politica, dello strapotere delle correnti, dei condizionamenti all’indipendenza dei giudici.

 

Riccardo Iacona (Roma, 1957) è giornalista e conduttore televisivo. Ha lavorato con Michele Santoro a SamarcandaIl Rosso e il NeroIl raggio verdeMoby DickSciuscià-Edizione straordinaria. Dal 2009 è autore e conduttore di PresaDiretta su Rai 3. Tra i suoi ultimi libri: L’Italia in presa diretta. Viaggio nel paese abbandonato dalla politica (2010), Utilizzatori finali (2014), Se questi sono gli uomini. La strage delle donne (2015).