Ifigenia

Ifigenia

Variazioni sul mito
a cura di

pp.344, 1° ed.
978-88-297-1146-8
Ifigenia è la prima vittima di una guerra non ancora incominciata, l’epocale guerra di Troia. Come narrano i versi di Euripide, la dolce e fiera fanciulla viene sacrificata agli dei – per garantire vento propizio alla flotta greca costretta alla fonda in Aulide – con il consenso e per ordine di suo padre Agamennone, che l’attira in Aulide con il miraggio del matrimonio con Achille. Ma Euripide ha lasciato anche il sequel del dramma consumato in Aulide: la ragazza sottratta in extremis alla morte dalla dea Artemide che diventa sacerdotessa nella lontana Tauride e presiede – sia pure suo malgrado – a sacrifici umani: una specie di inversione di ruoli, di riscatto dall’infame destino. Ifigenia in Aulide, Ifigenia in Tauride.Tra le molte “riscritture” del mito, Racine rievoca la fanciulla d’Aulide, modificando la storia secondo le mode e i dettami dell’epoca, in base a una concezione etica completamente diversa. Goethe invece sceglie la più difficile interpretazione dell’Ifigenia taurica, vittima divenuta carnefice, un personaggio arduo da governare letterariamente, ma coniugato dal poeta di Weimar sul tema dell’esilio, del rimpianto e della malinconia. Ritsos irrompe infine nelle trame tessute dai predecessori lacerandole con violenza: l’assurdità della guerra in primo luogo, del sacrificio umano, il fantomatico “trasporto” in Tauride, la fuga dalla stessa Tauride, il tardivo ritorno in patria. Tutto si consuma nella destrutturazione del mito che investe i personaggi e li spoglia di ogni sovrastruttura, letteraria e ideologica.

Autori

nasce nel 480 a.C. a Salamina e muore nel 406 in Macedonia, alla corte del re Archelao. Scarse sono le notizie concrete sulla sua vita, molte le leggende fiorite sul suo conto. Poco amato – perché poco capito – dal pubblico contemporaneo, ebbe una grande fortuna postuma e fu il più letto e il più conosciuto dei tre grandi tragici greci nel corso dei secoli. Della sua vasta produzione (gli si attribuiscono una novantina di drammi) sono pervenute a noi diciassette tragedie (Alcesti, Medea, Ippolito, Eraclidi, Supplici, Andromaca, Ecuba, Elettra, Eracle, Ione, Troiane, Ifigenia in Tauride, Elena, Fenicie, Oreste, Ifigenia in Aulide, Baccanti) e un dramma satiresco, il Ciclope. Di incerta attribuzione è il Reso.
nato nel 1639, rimasto precocemente orfano viene educato alle «Petites Écoles» dei Giansenisti. Esordisce nel 1664 con la tragedia La Thébaïde, cui seguono Alexandre le Grand (1665), Andromaque (1667), Les Plaideurs (1668, unica commedia), Britannicus (1669), Bérénice (1670), Bajazet (1672), Mithridate (1672), Iphigénie (1674), Phèdre et Hippolyte (1677). Nel 1677 viene nominato, assieme a Boileau, storiografo del re e abbandona il teatro. Vi torna solo per due tragedie d’argomento biblico: Esther (1689) e Athalie (1691), recitate al Collegio di Saint-Cyr. Muore nel 1699.
(Monemvasià, 1909 - Atene, 1990) è stato un importante poeta greco. A causa della sua militanza comunista è stato più volte perseguitato e molte delle sue opere sono state realizzate nei periodi di detenzione che ha dovuto scontare durante la rioccupazione britannica al termine della seconda guerra mondiale e sotto la dittatura dei colonnelli. Esempio della sua produzione da prigioniero sono le opere Tempo di pietra, Lettera a Joliot-Curie, I quartieri del mondo, Il fiume e noi, La veglia e Corridoio e scala.