R.U.R. Rossum’s Universal Robots, scritta nel 1920, è l’opera teatrale che introduce nella cultura mondiale il termine «robot». Nella prima metà degli anni venti si afferma sui palcoscenici di tutto il mondo con grande rapidità: nel 1921 è in scena a Praga e Aquisgrana, un anno dopo a Varsavia, Belgrado e New York, nel 1923 a Berlino, Vienna, Londra e Zurigo, nel 1924 a Parigi, Bruxelles, Stoccolma e Tokio. Utopia planetaria che coinvolge il destino dell’intera umanità, propone una riflessione sulle paure ancestrali che l’uomo del xx secolo prova di fronte alla rapidità senza precedenti con cui il progresso scientifico avanza. La creazione di un uomo artificiale, il suo sfruttamento nel mercato del lavoro e perfino lo scoppio di guerre distruttive sono all’epoca temi già noti; la grande novità del dramma tragicomico di Karel Čapek consiste nel ridurre al minimo la distanza tra creatura artificiale e umana. Il robot è un operaio artificiale non meccanico, è una replica semplificata dell’uomo: nelle intenzioni dell’autore R.U.R. è un grido d’allarme, «un ammonimento alla società tecnologica, perché si avveda in tempo del baratro in cui sta precipitando». Sarà invece l’aspetto spettacolare e drammatico della lotta tra uomini e robot a catturare l’attenzione degli spettatori e a inaugurare un filone che avrà grande successo letterario e cinematografico lungo il Novecento