La fine del mondo

La fine del mondo

a cura di , introduzione di

pp. 112, 3° ed.
978-88-317-6624-1
Presente, passato e futuro si sovrappongono di continuo nell'universo ossessivo in cui Tami, la giovane protagonista, proietta le sue allucinazioni. Mentre intorno, nell'imprecisato paese del nord del Giappone in cui la vicenda si svolge, tutto è grigio, freddo e inospitale, il mondo di Tami si colora di sinistri riflessi rossastri, e su questo sfondo essa vive il dramma di uno sdoppiamento di personalità che la travolge fino ad annientarla. Tami è la nemica di se stessa e deve eliminare l'avversaria, quella «seconda lei» che le parla, l'aspetta, si mostra minacciosa. Il tentativo di annientare «l'altra» si risolve però nell'annientamento dell'unica, e vera, se stessa. Attraverso un ritmo incalzante che alterna il monologo interiore, il flusso di coscienza e la narrazione oggettiva, con uno stile terso e avvincente, Fukunaga descrive, in quello che considera il proprio racconto più cupo, i progressivi passaggi da un turbamento che diventa angoscia, da un delirio che si muta in follia, fino alla inevitabile, tragica conclusione. La fine del mondo (1959) è il primo testo di Fukunaga tradotto in Occidente.

Autore

(1918-1979), poeta, romanziere, saggista, pittore, è una delle voci più significative del Giappone del dopoguerra. Grande conoscitore della letteratura francese, in possesso delle tecniche narrative più moderne, fu molto critico nei confronti della letteratura «ufficiale» e si rivolse verso nuove forme espressive. Al centro della sua produzione sono il valore della vita e il senso della morte. I suoi personaggi vivono così intensamente ogni istante da trasformare l’esperienza del presente in una continua anticipazione della fine. Più intensa è l’esperienza, più marcata la solitudine, più urgente è la necessità di comunicare, più inevitabile si rivela la distanza. Non a caso la sua è stata definita «letteratura del dolore» (kanashimi no bungaku). La sua vasta opera è poco conosciuta al di fuori del Giappone, dove invece ha un seguito di appassionati, fedelissimi lettori. La sua sensibilità penetrante traspare in ogni suo scritto, dai brevi racconti al romanzo più impegnato, il lunghissimo Shi no shima (1972, L’isola della morte) che fa rivivere l’incubo dell’olocausto di Hiroshima e che gli valse un prestigioso premio letterario.