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Michael Kohlhaas

Michael Kohlhaas

a cura di , traduzione di ,

pp. 336, 5° ed.
978-88-317-7741-4
Attorno alla figura di Michael Kohlhaas Kleist ha costruito un racconto che, per forma e per contenuti, non ha confronti nella letteratura tedesca e che, non a caso, Kafka diceva di leggere in maniera vorace e selvaggia, perfino quasi senza capirne tutte le tortuose trame narrative. È la storia di un uomo retto nel quale un grave sopruso subìto da parte di un nobile ha acceso un’inestinguibile sete di giustizia e di vendetta e provocato una ribellione istintiva, violenta e fatale. Il lungo percorso seguito da Kohlhaas attraverso tutti i gradi e le istanze ufficiali della giustizia è accompagnato da un consenso di popolo ma anche da una serie di lutti e di devastazioni che si concluderanno soltanto con la pubblica esecuzione e morte dell’eroe. Ma la morte di Kohlhaas sulla piazza gremita da una folla che attende invano il miracolo della sua salvezza non assomiglia a una qualsiasi esecuzione capitale: è piuttosto un atto trionfale del condannato che ha voluto fino in fondo la riaffermazione della giustizia e del diritto, che vede riconosciuto il proprio onore, garantita la discendenza, restituiti i beni, umiliato l’avversario che aveva per primo violato la legge e la sua dignità di cittadino. La qualità unica di questo racconto consiste nel modo con cui Kleist ha costruito la trama lenta e ossessiva dei fatti che accompagnano l’eroe verso la consumazione della sua vendetta; nella forza istintiva e potente con la quale lo scrittore, prendendo lo spunto da un fatto di cronaca del Cinquecento tedesco, ha come piegato la storia a una sua intima verità e raccontato la dismisura di un sentimento, il dolore devastante di un’ingiustizia, ma anche il valore di una fede e lo smagliante splendore del sacrificio di sé.

Autore

nasce a Francoforte sull’Oder nell’ottobre del 1777 da una nobile famiglia dell’aristocrazia militare prussiana. Seguendo la tradizione familiare inizia giovanissimo una carriera nell’esercito, che tuttavia interrompe già nel 1799 per intraprendere studi universitari e per trovare nello studio scientifico la realizzazione degli ideali che gli erano venuti dalla cultura dell’illuminismo e del classicismo. Anche il successivo tentativo di inserirsi attivamente nell’amministrazione dello stato fallisce in breve tempo. Sono molto importanti i viaggi a Dresda e a Parigi (1801), perché segnano una svolta decisiva e il passaggio dal mondo della scienza a quello dell’arte e del teatro, mentre l’utopico progetto di vivere una sorta di idillio agreste in terra elvetica produce soltanto la rottura definitiva (1802) del già difficile legame con la fidanzata Wilhelmine von Zenge. Tra crescenti difficoltà economiche intraprende una intensa e sofferta attività di scrittore, vive crisi dolorose e interruzioni drammatiche del proprio lavoro. Dopo un periodo a Königsberg (1805-1807) e un nuovo tentativo di entrare nell’amministrazione dello stato, si trasferisce a Berlino nel 1807, poi a Dresda e infine, dal febbraio 1810, definitivamente a Berlino. Le sue opere narrative e teatrali, così come l’attività di pubblicista, si collocano tutte in un periodo relativamente breve, durante il quale non si realizzano le sue speranze di affermazione e di riconoscimento come poeta. La sua vita termina tragicamente nel novembre 1811 con un clamoroso suicidio sulle rive del Wannsee.